“In un’epoca di globalizzazione della criminalità organizzata è difficile pensare che ci siano territori del tutto immuni da infiltrazioni malavitose. Oltretutto in una regione che è la culla della camorra la prefigurazione seconda la quale le nostre comunità sannite siano del tutto preservate da questi fenomeni, purtroppo non regge più al confronto con la realtà”. Sono queste le parole con cui Ettore Rossi ha introdotto l’ottavo appuntamento di CIVES – Laboratorio di formazione al bene comune, che venerdì ha ospitato Giovanni Conzo, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Benevento, sul tema: ”Far crescere un territorio libero dalla criminalità”. Il Laboratorio CIVES è promosso dall’Ufficio per i problemi sociali e il lavoro della Diocesi di Benevento, in collaborazione con il Centro di Cultura “Raffaele Calabria” e l’Università Cattolica del S. Cuore di Milano.
“Premesso che mi è più congeniale analizzare i fatti criminosi quando sono già avvenuti mentre in questo incontro sono stato invitato a parlare soprattutto di futuro” esordisce il procuratore, allo stesso tempo “sono consapevole dell’importanza dell’educazione alla legalità”. E prosegue:” Non ho ricette in grado di sradicare la malavita, ma solo ingredienti per il riscatto sociale: occupazione, sviluppo, formazione delle nuove generazioni”. Il procuratore Conzo si sofferma sull’analisi del background criminale. In contesti di povertà materiale e culturale attecchisce il seme dell’illegalità, che prende forme disparate seguendo l’odore del facile guadagno. Si creano allora reti di traffici malavitosi e uno Stato parallelo con una sua propria contabilità. “Sappiamo per certo”, dice, “che alle vedove dei mafiosi e alle famiglie degli affiliati finiti in carcere sono corrisposti salari dalla stessa malavita organizzata. Contro costoro si agisce anche togliendo loro la patria potestà sui figli minori, ma non basta: occorre immettere questi ultimi in un giro virtuoso che parte dall’inserimento nella scuola”.
Per i docenti ha parole di encomio: “Il loro ruolo è superiore a quello dei magistrati perché fanno un lavoro preventivo. Vanno valorizzati e premiati, perché si fanno carico spesso di funzioni che esulano dal percorso professionale docente”. Fare formazione, secondo il magistrato, significa occuparsi anche di informazione, laddove la semplificazione rischia di fomentare ulteriori pregiudizi. L’Italia soffre di un calo demografico e di un innalzamento dell’età media, tali da richiedere la collaborazione di extra-comunitari per lavori non più appetibili per gli italiani, per cui è sbagliato dire che ci tolgono il lavoro. Alcuni popoli, come quello siriano ad esempio, non hanno nulla da invidiare in fatto di formazione al resto del mondo e si inseriscono con successo nelle professioni sanitarie e ingegneristiche. L’art. 1 della nostra Carta costituzionale riconosce il diritto al lavoro a quanti vivono sul territorio italiano; al lavoro va associato il diritto ad un ambiente sano. Troppo spesso prevale l’avidità del guadagno, capace di tessere tele di malaffare speculando sulle emergenze, le più comuni delle quali sono tristemente note a tutti: la gestione dei rifiuti e quella dei migranti. Un modello culturale distorto contro cui tutti abbiamo il diritto-dovere di reagire, facendo ciascuno la propria parte, per la salvaguardia dei nostri territori. Una riflessione è rivolta anche alla politica che ha ricordato Giovanni Conzo “è la più alta forma di carità”. Ma abbiamo bisogno di politici che pensino ai più deboli e non a se stessi, che guardino alla politica come servizio al prossimo.