“È importante richiamare l’attenzione della comunità, dei giovani in particolare, sulla figura di Aldo Moro, del ruolo, fondamentale, che ha svolto per il nostro Paese”. È così che Ettore Rossi, Coordinatore del Laboratorio per la felicità pubblica ha introdotto l’incontro di presentazione ieri, presso il Museo del Sannio, del libro di Marco Follini dedicato alla figura dello statista ucciso, con la sua scorta, dalle Brigate Rosse. L’iniziativa è stata promossa dal Laboratorio per la felicità pubblica, in collaborazione con BASE Benevento e con il patrocinio della Provincia di Benevento.
“Nostro intendimento – aggiunge – è quello di contribuire a restituire valore alla Politica attraverso la testimonianza di figure esemplari come quella di Aldo Moro. In particolare, vogliamo evidenziare la mitezza della Politica, di cui Moro era convinto assertore e a cui ispirò sempre il suo impegno politico. Mitezza – si badi bene – che non significa arrendevolezza, remissione o, peggio, rinuncia alle proprie idee, ma capacità di ascolto e di sintesi con l’obiettivo di convincere la comunità sulla necessità di determinate scelte, anche impopolari ma ritenute essenziali per gli interessi del Paese. Ed è un metodo, oggi, di cui avvertiamo tanto il bisogno”.
“Vorrei ricordare – conclude Ettore Rossi – che lo Statista aveva costruito un particolare legame con Benevento. Fu qui nel novembre del 1977 in una delle sue ultime apparizioni pubbliche. Venne da noi per dare conto appunto del processo che stava portando avanti, delle ragioni per le quali le forze più popolari della politica, come la Democrazia Cristiane ed il Partito Comunista, dessero vita alla “Solidarietà nazionale” con la quale trainare il Paese fuori dal guado in cui si trovava, sotto ogni profilo”.
Grandi apprezzamenti hanno raccolto le tre studentesse del Liceo Classico quadriennale dell’Istituto “De La Salle” di Benevento, di cui è coordinatore didattico il Prof. Amerigo Ciervo, che hanno commentato il libro: Leda Rossi, Vittoria Abbondante e Claudia Lopez.
Follini ha iniziato il suo intervento proprio ringraziando le studentesse che hanno fatto “l’esplorazione di un territorio a loro sconosciuto, di cui si sono impadronite. Ed ha ricordato ai giovani l’importanza dell’impegno, perché la politica ha un bisogno drammatico di persone libere, leggere”. In riferimento al suo libro Follini ha spiegato di aver voluto soprattutto fare il racconto di una persona, quella di Aldo Moro, fissando alcuni ricordi prima che scompaiano: “Come viveva il successo e il fallimento. Il rapporto con le delusioni e i momenti di gloria. Moro era un uomo mite, ma anche un combattente. Ha prodotto, nel suo percorso politico due grandi svolte, prima imbarcare i socialisti nell’area di governo e successivamente i comunisti”. Lo scrittore e politico democristiano ha poi ricordato il rapporto che Moro aveva con il tempo, la sua pazienza: “Ci vuole il tempo per mettere le cose in sequenza, evitare di correre verso il precipizio. Mentre la politica di ora è frenetica ma poi si rimane sempre sullo stesso punto. Oggi i leader politici pensano più o meno tutti le stesse cose ma tendono a dimostrare che il vicino è un nemico. La classe dirigente di allora, invece, sapeva di dover tenere a bada la propria curva di tifosi”.
Tratteggiando ancora più precisamente il profilo di Moro, Follini spiega come Moro fosse “una persona che aveva una doppia anima: una figura solenne, ma anche estremamente fragile. Un uomo che aveva le sue paure e non privo di una certa diffidenza”. Moro era un uomo di fede e questo incideva anche sulla sua idea della politica che è un pezzo di vita, non tutta la vita.
A proposito della tragica morte dello statista, l’autore ha voluto sgombrare il campo dalle tante interpretazioni che negli anni sono state fatte: “Moro è stato ucciso dalle Brigate rosse. Anche se la tragedia ha dei lati oscuri. In quei 55 giorni di prigionia, il Paese ha dato il peggio e il meglio di sé, in cui si mescola il bene e il male. Io ero per la linea della trattativa e, forse, l’ho detto troppo sommessamente”.
Comunque, ha concluso Marco Follini, “Moro va vissuto da vivo. Tutto quello che c’è prima della tragica fine giustifica la grande attenzione verso di lui. Il suo percorso politico ha avuto un peso enorme nel nostro Paese”.